Pubblicato il 29 maggio 2024
Una delle conseguenze più evidenti del cambiamento climatico è sicuramente… l’aumento della temperatura.
E’ piuttosto intuitivo e semplice da comprendere: con l’effetto serra che aumenta, la temperatura media dell’aria aumenta. Quest’ultima si traduce in una maggioranza di giorni caldi e una minoranza di giorni freddi ogni anno. Come può osservarsi nello schema di cui sopra, la curva della distribuzione annuale delle temperature si sposta verso destra.
A + 1°C oggi, cambia già tutto. Per esempio, nell’emisfero Nord:
A tutto ciò, si aggiungono dei giorni di caldo fortissimo chiamati «ondate di calore » o « canicola ». Queste possono essere mortali per i più fragili ma altrettanto per gran parte della popolazione (a partire da alcune soglie in cui il corpo umano non riesce più a regolare la propria temperatura). Ad esempio, in Europa, la canicola del 2003 ha causato 70000 morti in poche settimane.
Non è solo l’aria a surriscaldarsi, ma anche la temperatura media dell’acqua. I mari e gli oceani ricevono più energia a causa dell’effetto serra e la temperatura aumenta. Di conseguenza, anche gli organismi marini subiscono ondate di calore e ne soffrono.
A + 1°C oggi, cambia già tutto. Per esempio:
Più conosciuto dal grande pubblico rispetto al ciclo del carbonio, il ciclo dell’acqua consente la circolazione delle molecole di acqua (H2O) in diversi ambienti, sotto forma liquida (pioggia, fiumi, mari…), solida (neve, ghiaccio…) o gassosa (vapore).
Per tutto il ciclo, qualora funzioni naturalmente, la quantità di acqua a livello mondiale è stabile e permanente, ossia circa 1400 miliardi di km3 d’acqua. Evaporazione, condensazione, precipitazione, infiltrazione e scorrimento, queste le fasi ben conosciute che si succedono in seno al ciclo dell’acqua.
Gli esseri umani agiscono direttamente sull’acqua ma ciò ha un impatto trascurabile sul ciclo. In effetti, il tempo di soggiorno dell’ac qua nell’atmosfera è solo di circa 10 giorni (contro un centinaio di anni per il carbonio). Quindi, anche quando le emissioni antropiche di vapore acqueo aumentano, dato che restano unicamente 10 giorni nell’atmosfera, quasi non contribuiscono ad aumentare l’effetto serra e quindi il riscaldamento climatico.
Se le attività umane non agiscono in maniera diretta, al contrario, il riscaldamento cimatico - importato dalle attività umane - agisce, questo, direttamente e fa mutare il ciclo dell’acqua.
In effetti, la capacità di stoccaggio dell’acqua nell’atmosfera varia in funzione della temperatura di quest’ultima. Più la temperatura aumenta, più la capacità di stoccaggio aumenta. Con il calore, l’evaporazione è favorita e la quantità di acqua stoccata sotto forma di vapore acqueo cresce.
A + 1°C oggi, cambia già tutto. Ad esempio:
Un’aria più calda può contenere più vapore acqueo. Di conseguenza l’atmosfera diventa più umida con l’aumento delle temperature.
Orbene, un ciclone già formato “attinge” più energia per rinforzarsi in un’atmosfera che è ancor più umida.
A + 1°C oggi, cambia già tutto
Tali catastrofi climatiche sono sempre più devastanti per le popolazioni. I cicloni Sandy (2012), Irma (2017) o l’uragano Harvey (2017) hanno provocato veri e propri drammi umani.
Il ghiaccio si trova su ghiacciai, calotte e banchise. Attenzione, anche se ogni zona con del ghiaccio si scioglie maggiormente con il riscaldamento, ciò non ha le medesime conseguenze.
Piccolo vocabolario per evitare le confusioni
Il ghiaccio risposa sul suolo (come sulla vetta di una montagna ad esempio) e costituisce una riserva d’acqua dolce. I ghiacciai si sciolgono durante l’estate per alimentare i ruscelli, i fiumi ecc… Al contrario, normalmente i ghiacciai si (ri)costituiscono durante l’inverno grazie alle precipitazioni nevose che gelano e si trasformano in ghiaccio.
Le calotte polari sono immense zone ghiacciate, dei pezzi di ghiaccio la cui superficie è inferiore a 50000 km2, che riposano anche su del terreno. Sono dei ghiacciai enormi, per così dire.
Allorché la loro superficie supera i 50000 km2, si parla piuttosto di “distese glaciali” o “inlandsis”. L’altezza del ghiaccio può arrivare fino a migliaia di metri di altezza.
Sul nostro pianeta esistono solo due distese glaciali:
La banchisa definisce ugualmente una importante fetta di ghiaccio ma la differenza principale con una calotta è che riposa direttamente sulla superficie dell’acqua. La banquisa quindi galleggia, un po’ come dei cubetti di ghiaccio!
Ora che i convenevoli sono stati fatti, analizziamo le conseguenze degli aumenti delle temperature legate al cambiamento climatico in queste zone di ghiaccio.
Oggi, unicamente il 3% dell’acqua sulla Terra è composto di acqua dolce (di cui soltanto l’1% allo stato liquido). Lo scioglimento dei ghiacciai determina le riserve di acqua dolce. In effetti, un ghiacciaio dovrebbe, durante il periodo secco, sciogliersi progressivamente e alimentare i ruscelli. Sciogliendosi più rapidamente, questi non giocano più il loro ruolo di riserva che libera gradualmente dell’acqua dolce in tempo normale.
Ora, l’acqua dolce è potabile, gli esseri umani e gli animali ne hanno bisogno quotidianamente! Lo scioglimento accelerato e la scomparsa dei ghiacciai comportano quindi ciò che chiamiamo “stress idrico”, ossia che la domanda di acqua supera la quantità disponibile. Si tratta di un problema vitale che costituisce già uno dei più grandi problemi geopolitici in alcune regioni molto aride del globo.
Oggi, quasi tutti i ghiacciai hanno perso la loro massa e centinaia sono scomparsi.
Cominciamo a porre fine a un’idea totalmente errata: lo scioglimento della banchisa non favorisce l’innalzamento delle acque (livello del mare e dell’oceano). La banchisa è poggiata sull’acqua, allorché si scioglie il volume totale dell’acqua non cambia.
Esattamente come un cubetto di ghiaccio in un bicchiere!
In realtà, l’innalzamento delle acque è legato a 3 fenomeni differenti:
Allorché le calotte e le distese si sciolgono, la loro acqua dolce va ad aggiungersi all’acqua dei mari e degli oceani. La massa d’acqua aumenta quindi automaticamente. Dati i migliaia di metri di spessore delle distese glaciali, il loro scioglimento integrale farebbe aumentare il livello degli oceani di:
Come abbiamo visto, i ghiacciai conservano l’acqua sotto forma di ghiaccio. Sciogliendosi, l’acqua scivola e raggiunge i corsi d’acqua verso il mare e l’Oceano. Anche questo fa innalzare le acque.
Al passaggio dell’acqua, anche lo scioglimento dei ghiacciai aumenta i rischi di inondazione e di slittamento di terreno, liberando volumi d’acqua non normali che scorrono e destabilizzano il suolo.
La capacità di dilatazione dell’acqua dipende dalla temperatura della stessa. Quando l’acqua raggiunge circa i 20 gradi su varie decine di metri, allora può dilatarsi. Anche la dilatazione è molto debole, dato il volume colossale d’acqua sul pianeta (71% della superficie e profondità media di 4000 metri), ben può immaginarsi che, accumulandosi, questa dilatazione ha un impatto importante su scala mondiale.
La modellazione dell’innalzamento delle acque legato alla dilatazione è estremamente complessa da realizzare.
Un’altra conseguenza del cambiamento climatico è l’acidificazione dei mari e degli oceani.
Abbiamo visto che la CO2, come lo zucchero nell’acqua, può sciogliersi nell’Oceano. Durante questa reazione chimica, la CO2 si trasforma in carbonati (HCO3- e CO32-) e libera degli ioni H+. Ora, questi ioni sono degli acidi, che quindi faranno abbassare il pH (misura dell’acidità). Così, più l’Oceano assorbe CO2, più si acidifica.
Attenzione, non c’è un rapporto diretto tra la temperatura dell’acqua e l’acidificazione. Non è perché l’oceano si riscalda che si acidifica. Per contro, l’abbassamento del pH è una conseguenza diretta dell’aumento della concentrazione della CO2 nell’atmosfera in contatto con l’Oceano. Per promemoria, il 35% delle emissioni antropiche di CO2 saranno direttamente assorbite nell’oceano.
Con l’abbassamento del pH dell’Oceano, il fenomeno della “calcificazione”, ossia la formazione di calcare, diventa più difficile. In effetti, gli ioni bicarbonati si ritrovano in quantità di gran lunga minore, poiché sono necessari per la formazione del calcare.
Più specificamente, alcuni microorganismi come gli pteropodi e i coccolitofori hanno normalmente delle conchiglie di calcare. Sono quindi intaccati fortemente dall’acidificazione degli oceani. Questi microorganismi, però, sono alla base di tutta la catena alimentare marina! Se scompaiono, tutta la flora e la fauna ne subiranno l’impatto. E per riflesso, anche intere zone di pesca s’impoveriranno, rimettendo in causa la sicurezza alimentare di alcune popolazioni.
Il rapporto dell’IPCC sintetizza così: “ Il riscaldamento dell’acqua e lo scombussolamento della chimica dell’oceano causa già numerosi problemi alle specie ad ogni livello della rete alimentare oceanica, il che ha delle ripercussioni sugli ecosistemi marini e sulle popolazioni che da questi dipendono.”